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   Come accennato in ‘Registrarsi: il più Potente Strumento di Feedback per Migliorare Sulla Batteria‘, se il nostro obiettivo è studiare più efficacemente allora è sufficiente disporre di un SetUp di registrazione di anche un solo microfono.

   Se la nostra intenzione però è produrre musica, allora probabilmente vorremo espandere le possibilità a disposizione creando un vero e proprio Home Studio.

   Sia chiaro, se siamo creativi bastano un paio di buoni microfoni e tante idee a dar vita a un suono che può funzionare.

   Qui però vogliamo approfondire l’argomento, discutendo terzo, quarto e quinto anello della catena del suono: la room, il fonico e l’hardware.

   Non c’è bisogno di precisare che anche questi argomenti richiederebbero ciascuno un libro intero.

   In questo articolo semplicemente sintetizzerò la mia esperienza in indicazioni di base per chi è all’inizio e vuole partire col piede giusto.

   Riprendendo la scala delle priorità proposta nel post correlato ‘La Catena del Suono‘, in base all’impatto che ogni elemento ha sul suono possiamo identificare in studio di registrazione il seguente ordine:

  • La strumentazione (discussa nell’articolo menzionato).
  • La stanza.
  • L’ingegnere del suono.
  • L’hardware.

   Di nuovo, una volta curata la strumentazione, capiamo che è inutile spendere migliaia di euro per un pezzo di hardware migliore o per aggiungere componenti, se poi non sappiamo usarli al meglio e se abbiamo fatto zero trattamento acustico della stanza in cui registriamo.

ROOM:

   Partiamo dalla room. Il motivo per cui la sala di ripresa è situata come importanza subito dopo la strumentazione è che, siccome la batteria è uno strumento acustico, la stanza fa parte dello strumento.

   Gran parte del suono della batteria è infatti il prodotto dell’ambiente in cui ci troviamo. Se abbiamo mai suonato un Rullante all’aperto sappiamo quanto il suo suono sia diverso rispetto a ciò che produce in una piccola stanza.

   La ragione è che all’aperto sentiamo soltanto il suono diretto dello strumento, mentre al chiuso abbiamo anche il suono riflesso, che appunto è generato dalla stanza ma che all’ascolto percepiamo come parte integrante del suono del tamburo.

   Gli elementi che influenzano il suono della room sono:

  • Le dimensioni. La grandezza della stanza determina la quantità di riverbero naturale. Sebbene sia preferibile disporre di spazi piuttosto ampi per avere abbondanza di questa caratteristica, la batteria si registra quasi del tutto con microfoni ravvicinati e con solo una manciata di microfoni ambiente che poi vengono mixati con gli altri.
    Di conseguenza l’ambiente naturale non è poi così determinante. Ciò che conta è che produca un suono gradevole, e che ce ne sia almeno un poco, per evitare di dover ricorrere esclusivamente a riverberi artificiali.
  • La forma e le proporzioni. Stanze con proporzioni perfettamente geometriche tendono a innescare risonanze, soprattutto quando una o più dimensioni sono multiple della altre (ad esempio 2 metri per 4, con altezza di 2 metri). Meglio preferire ambienti con altezza, profondità e larghezza diversi tra loro.
  • I materiali di oggetti e superfici. Innanzitutto è preferibile evitare una stanza del tutto vuota, per via dell’eccesso di suoni riflessi. La tipologia di superfici di pareti e oggetti influenzano poi il suono assorbendolo, riflettendolo, o diffondendolo. Esattamente ciò che i trattamenti acustici che vedremo tra un attimo si propongono di influenzare.

   Con la sua combinazione unica di dimensioni, proporzioni e materiali, la room funziona sia da riverbero che da equalizzatore naturale. Essendo uno strumento ha inoltre un suo timbro, che può essere più scuro o più chiaro sulla base delle frequenze che riflette e che assorbe.

   Per queste ragioni viene trattata in modo da produrre un suono di qualità già alla fonte, allineandolo alle proprie preferenze.

   La stanza in cui suoniamo può subire sia un isolamento acustico che un trattamento acustico.

   Mentre l’isolamento acustico ha lo scopo di permetterci di lavorare senza infastidire nessuno coi volumi che produciamo, nonché evitando rientri di rumori esterni nei microfoni, è il trattamento acustico la componente che stabilisce la risposta sonora dell’ambiente:

  • Superfici dure e levigate come muri e specchi riflettono il suono.
  • Superfici soffici e porose come pannelli di schiuma fonoassorbente assorbono il suono.
  • Superfici frammentate come diffusori in legno diffondono il suono.

   Il trattamento acustico non richiede necessariamente l’utilizzo di materiali e pannelli professionali.

   Mobili, tende e tappeti, se spostati e posizionati sapientemente assorbiranno e diffonderanno le riflessioni in maniera altrettanto efficace.

   Ad esempio nel mio studio al posto di diffusori professionali dietro la batteria ho posizionato una libreria: i libri, viste le forme e profondità variegate, assolvono benissimo a questa funzione.

   Altro aspetto importante è il posizionamento della batteria nella stanza, cosa che ne influenzerà profondamente il suono.

   Se abbiamo una room nostra possiamo sperimentare fino a trovare la soluzione che ci appaga di più.

   Una prima valutazione si ottiene girando per la stanza battendo le mani o portandosi dietro un Rullante per sentire in che punto otteniamo la risposta che ci piace di più.

  Una buona stanza in definitiva è la stanza che funziona per produrre il disco che abbiamo in mente. E’ un ambiente con un suono e una atmosfera che ispira la nostra creatività e ci fa stare bene quando suoniamo.

   Curiamone quindi anche luci, temperatura e umidità.

   Sarebbe ideale avere anche una regia di ascolto, separata dalla room, anch’essa trattata acusticamente e predisposta per ospitare Pc, hardware e monitor.

   Se non è nelle nostre possibilità possiamo farne a meno, ricorrendo ad ascolti in cuffia ed allestendo tutto nella sala riprese, volendo anche di fianco alla batteria in modo da operare il tutto comodamente.

 

INGEGNERE:

   L’ingegnere del suono ha un ruolo importantissimo. Se ci capita di lavorare con persone competenti impareremo ogni giorno qualcosa e avremo suoni fantastici in ogni session.

   Nel caso di un Home Studio assumiamo personalmente anche questo ruolo, e in un futuro post dedicato affronteremo un percorso sintetico per imparare a scegliere e posizionare microfoni, usare compressori ed equalizzatori, e mixare.

 

HARDWARE:

   Passando all’hardware, non è mai esistita un’epoca più favorevole di questa per registrare e produrre.

   Oggi possiamo registrare con lo smartphone che teniamo in tasca a livelli che fino a solo un decennio fa richiedevano strumentazione specializzata e ben più costosa.

   Sarebbe quindi poco saggio non approfittarne per allestire un passo alla volta un proprio studio personale nello spazio dove si studia.

   Trattandosi di componenti modulari si può partire con pochi elementi e poi sostituire, espandere, aggiornare, fino al raggiungimento di uno standard che ci soddisfa.

   Altra premessa: diamoci la priorità di fare una ricerca e una selezione intelligente di cosa usare, piuttosto che cercare di comprare la strumentazione più all’avanguardia e di livello top.

   Come visto l’hardware è in fondo alla classifica di ciò che contribuisce a regalarci un suono bello e professionale.

   E’ quindi molto più importante imparare a sfruttare al meglio ciò che abbiamo. Così come per la batteria, anche con l’hardware è soprattutto la bravura di chi usa lo strumento a determinare il risultato finale.

   Le componenti hardware indispensabili in un Home Studio sono:

  • Microfoni.
  • Preamplificatori.
  • Convertitori analogico/digitale e digitale/analogico.
  • Processori del suono come compressori, equalizzatori e gate.
  • Effetti come riverberi e delay.
  • Interfacce audio.
  • Monitor di ascolto.
  • Mixer.
  • Cavi e aste.
  • Computer.
  • DAW.

   Ciascuno di questi elementi fa parte di una sottocatena del suono specifica dell’hardware, concetto del quale ormai capiamo bene dinamiche e importanza.

   Potrebbe sembrare una lista lunga e scoraggiante. In realtà per partire si può approfittare di soluzioni snelle e alla portata di tutti, come le schede audio (anche dette interfacce) che integrano in un unico apparecchio molte delle componenti elencate.

   Anche nella sua versione base la scheda audio è l’elemento principale di qualsiasi Home Studio, in quanto funziona da interfaccia tra microfoni e computer.

   Poi, tra le innumerevoli varianti in commercio, troviamo prodotti che fungono anche da preamplificatori, convertitori e tutto ciò che può servirci.

   Si tratta di soluzioni create di proposito con l’Home Studio in mente, vista la diffusione del fenomeno: se un musicista dovesse scegliere, acquistare separatamente e poi far funzionare insieme preamplificatori, convertitori, compressori, equalizzatori ed effetti, l’impresa diventerebbe insormontabile.

   Per nostra fortuna i produttori di hardware hanno pensato a questo scenario, per cui basterà dotarsi di una scheda che comprenda tutto il necessario:

  • Idealmente 8 preamplificatori, per accomodare Cassa, Rullante, tre Tom, Hi-Hat e due panoramici.
  • Convertitore A/D e D/A.
  • Eventuali processori ed effetti sotto forma di plugin (in alternativa potremo usare quelli della DAW).
  • Ingressi e porte compatibili per collegarci al nostro Pc.

   La scelta sul mercato è vastissima e disorientante. Dobbiamo quindi assicurarci che ciò che stiamo per comprare soddisfi i requisiti elencati.

   Anche i prezzi variano enormemente: possiamo partire letteralmente con poche centinaia di euro, e poi magari fare un upgrade appena abbiamo accumulato un poco di esperienza e abbiamo le idee più chiare su caratteristiche specifiche che fanno al caso nostro.

   I cablaggi sono semplici. I microfoni entrano nell’interfaccia, e dall’interfaccia ci colleghiamo al computer tramite normali porte USB o Thunderbolt.

   Passando ai microfoni, sono dispositivi che trasformano un’onda sonora in un segnale elettrico. Si differenziano in:

  • Dinamici. Funzionano come un piccolo altoparlante ma sfruttando il processo inverso.
    La pressione sonora muove un diaframma collegato a una bobina e questa, essendo in prossimità di un magnete, genera un segnale elettrico che poi viene amplificato dai preamplificatori. Non necessitano di alimentazione.
    Producono un suono caldo ma sono meno precisi di quelli a condensatore, e soprattutto più lenti nella risposta, a causa delle maggiori dimensioni del diaframma. Vengono preferiti sui tamburi.
  • A condensatore. Hanno una capsula con un diaframma che sotto l’influenza della pressione sonora si muove rispetto a una lamina fissa e genera un segnale elettrico.
    Le componenti elettroniche interne al microfono necessitano di alimentazione, che viene fornita mediante i preamplificatori e definita ‘Phantom’.
    Sono un poco più spigolosi dei dinamici, ma molto fedeli, dettagliati e rapidi nella risposta. Vengono impiegati soprattutto sui piatti e poi come panoramici e microfoni ambiente.

   Un buon punto di partenza per il nostro Home Studio:

  • Un microfono dinamico per Cassa, Rullante e ogni Tom.
  • Un microfono a condensatore per l’Hi-Hat.
  • Due panoramici a condensatore.

   Possiamo comprare microfoni singoli oppure approfittare dei kit preconfezionati per batteristi, che sono un ottimo riferimento e se stiamo su marche di qualità suonano benissimo.

   Una volta che catturiamo il segnale dobbiamo inviarlo ai preamplificatori che si occupano di trasformare il minuscolo segnale dei microfoni in un suono utilizzabile.

   Nel nostro caso come spiegato useremo quelli integrati nella scheda audio, entrando direttamente in questa con i cavi.

   Giusto per riferimento teniamo presente che, anche se una scheda audio ne contiene anche 8 o 16, e il tutto costa poche centinaia di euro, un singolo preamplificatore dedicato di qualità può costare anche migliaia di euro.

   Il preamplificatore, oltre ad amplificare il segnale, ha anche la funzione di ‘colorarlo’ in base alle caratteristiche tecniche dello specifico dispositivo.

   L’interfaccia si occuperà infine di convertire il suono, eventualmente processarlo/effettarlo e infine inviarlo alla DAW, per essere processato e mixato.

   I monitor di ascolto possono essere speaker o cuffie. In un Home Studio è concesso anche solo l’utilizzo di cuffie, per sopperire alla frequente mancanza di una regia dedicata. Queste offrono qualità e versatilità con investimenti molto minori rispetto agli speaker.

   Computer e mixer li diamo per scontati. Il primo fa già parte della nostra infrastruttura, e un normalissimo Pc è abbastanza potente per gestire una manciata di canali audio.

   Il secondo è parte integrante di ogni DAW, in versione digitale ovviamente.

   Per quanto riguarda cavi e aste, teniamo presente che essendo componenti soggette a usura meccanica è preferibile non cercare di risparmiare troppo.

   Riepilogando, per allestire il nostro Home Studio possiamo iniziare da:

  • Una room trattata acusticamente anche in modo rudimentale.
  • 8 microfoni.
  • Una scheda audio a 8 canali con preamplificatori incorporati, che includa anche convertitore AD/DA, e che sia compatibile con le porte del nostro Pc.
  • Aste e cavi per microfono.
  • Un software DAW che includa plugin di audio processing (se questi non sono parte della scheda audio).

   Per approfondire raccomando le stupende guide gratuite di eHomeRecordingStudio.

 

   Risorse correlate:
In Session – How To Sound Great On Records
La Catena del Suono – La Chiave per Registrare Tracce di Batteria Professionali
The Complete Studio Drummer Toolbox


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