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   Il concetto di suonare avanti o indietro rispetto alla pulsazione è avvolto da un alone di mistero da molto tempo :-). Più che mistero, confusione.
In questa serie di articoli andiamo in profondità ed esploriamo l’argomento dividendolo in tre aree principali: la teoria che c’è dietro (PARTE 1, questo post), gli esercizi per padroneggiare le tecniche implicate (PARTE 2), e gli esempi dai dischi per sentirle messe in pratica (PARTE 3).

   Molti grandi musicisti sono in grado di decidere dove posizionarsi rispetto al beat, e suonare a piacimento avanti, indietro, o esattamente sul tempo, in base a quale scelta può far funzionare meglio un pezzo, a quale sensazione vogliono comunicare, o a quale richiesta fanno l’artista, il produttore o gli altri membri della band.

   Quando impariamo a farlo, si apre tutto un mondo di ulteriori possibilità, e fare un salto di qualità in termini di timing ha il potere di trasformare radicalmente il nostro modo di essere batteristi.

   La ragione principale per cui vale la pena sviluppare questa capacità, è che spostare il posizionamento delle note rispetto alla pulsazione influenza in maniera importante il feeling che viene trasmesso da quello che suoniamo e può essere usato come strumento per stabilire un determinato feel.

   La manipolazione del tempo, e le sfumature del time feel, rendono possibile esprimere qualsiasi emozione immaginabile in modo estremamente efficace.

   Questo tipo di abilità non è per tutti, e per certi tipi di musica, o per il modo di intendere la musica di alcuni, potrebbe essere del tutto superflua.

   Ma per chi ha la dedizione, passione e volontà di spingersi fino a tali livelli nel controllo del posizionamento sul timing, il ritorno in termini di soddisfazione e possibilità creative sarà enorme.

   Prima di addentrarci in questi delicati territori, la premessa è che dobbiamo innanzitutto avere la certezza di essere impeccabili nel suonare perfettamente sul beat.

   Senza questo livello di padronanza infatti non avrebbe senso mettersi a modificare il nostro posizionamento sul beat, perché sarebbe impossibile gestirlo col necessario grado di precisione.

   Se non sappiamo come posizionarci con sicurezza sul beat è inconcepibile pensare di mettersi a fare esperimenti. Come dicono molti bravi insegnanti quando parlano di questo argomento: suonare avanti o indietro rispetto a quale beat?

   Quindi per cominciare assicuriamoci di aver lavorato a sufficienza sul consolidamento del nostro clock interno e della nostra abilità di suonare senza alcuno sforzo assieme al metronomo.

   Anche ‘solo’ andare a tempo non è cosa scontata, tant’è che paradossalmente, anche se sarebbe il nostro compito primario, davvero pochi batteristi sono in grado di farlo perfettamente.

   Potremmo in realtà suonare benissimo per tutta la nostra carriera senza fare altro che stare esattamente sul beat, e suonare qualsiasi tipo di musica ed essere batteristi fantastici anche solo così, senza usare questo parametro e soprattutto senza esaminarlo in dettaglio come stiamo per fare in queste pagine.

   Di fatto, se suoniamo un tempo lento stando esattamente sul beat suonerà appoggiato, come se fossimo un poco indietro, e se suoniamo un tempo veloce stando esattamente sul beat suonerà grintoso, come se stessimo spingendo un pochino. Questa, tra l’altro, è la ragione per cui alcuni musicisti credono che suonare avanti o indietro sia nient’altro che un mito.

   In verità esiste eccome. La differenza è che, nel momento in cui ci è chiaro dove si trova il centro del beat, e siamo comodi a suonare precisi sulla pulsazione, usare concretamente i posizionamenti avanti o indietro sul beat ci permette di influenzare e amplificare le emozioni trasmesse da ciò che stiamo suonando, come stiamo per scoprire.

   Il motivo per cui insisto con questi chiarimenti è che lavorando sul suonare avanti o indietro ci addentriamo in sfumature estremamente raffinate: si tratta di micro timing, di millisecondi. Non è un caso che il tipico errore nell’usarle sia quello di strafare.

   Se si esagera con queste tecniche, o se le si usa senza averne il controllo, siccome stiamo mettendo le mani nelle fondamenta della musica, e siccome sono così potenti nel modificare il senso di quello che suoniamo, si finisce in un attimo per far deragliare il treno e rovinare tutto.

   E’ per questo che, se scegliamo di andare in questa direzione, allora dobbiamo assumerci la responsabilità di capire bene i meccanismi dietro queste tecniche, perché usarle male può avere effetti disastrosi.

   Conclusa la necessaria introduzione, passiamo al sodo.

   Ognuno di noi ha uno specifico modo di intendere il tempo, che fa parte della propria personalità e del proprio stile. La propensione che abbiamo a stare in un certo punto rispetto al beat determina il nostro feeling naturale.

   Alcuni suonano spontaneamente esattamente sul beat, altri sono naturalmente rilassati e ‘appoggiati’, altri tendono invece a ‘mordere’ il tempo.

   Quello che possiamo fare è espandere questo punto di partenza innato e imparare a controllare tutte le possibilità che esistono, in modo da essere noi a decidere quale sensazione dare a quello che suoniamo, in base alle necessità.

   Partire da una di queste tendenze va benissimo. Il nostro obiettivo è quello di diventare più completi e versatili. Questo non significa che buttiamo via le nostre qualità innate.

   Piuttosto, lavorando su questi livelli più avanzati, saremo in grado di suonare il nostro feeling naturale con ancora più consapevolezza.

   Per quanto riguarda i batteristi top, molti di loro non fanno altro che suonare ‘semplicemente’ stando esattamente sul beat. Altri possono posizionarsi avanti o indietro, con sfumature maturate sul campo in anni di esperienza e che li portano ad adottare intuitivamente un determinato approccio, usando quello che sentono più adatto alla musica che stanno suonando e concentrandosi sul feeling.

   Ottengono in pratica lo stesso risultato, anche se magari non sanno spiegare esattamente cosa stanno facendo.

   Ad esempio, quando a inizio anni 2000 studiavo al Drummers Collective di New York, durante una clinic chiesi a Kenny Aronoff se poteva spiegare come si fa a suonare avanti o indietro sul click. Risposta: ‘Ti faccio sentire!’, e ha proseguito eseguendo un pezzo e suonandolo perfettamente prima spingendo sul tempo e poi rilassando il tutto, da vero maestro.

   Un altro aspetto da notare è che molte grandi band poggiano su una combinazione particolarmente riuscita dei time feel dei vari componenti.

   Ad esempio, i Police devono parte dell’energia della loro musica al fatto che Stewart Copeland aveva la tendenza a posizionarsi di fronte al beat.

   Gli Steely Dan sono una band che invece è orientata verso un approccio esattamente sul beat, tutti assieme e tutti esattamente lì. Anche da questo scaturisce il senso di ordine ed eleganza della loro musica.

   Nei Metallica il peso dei riff di chitarra è dato sicuramente dal suono, ma una componente è da attribuire assolutamente anche alla scelta di suonare tutto indietro rispetto al beat, per ‘appesantire’ l’effetto granitico dei loro brani.

   Allo stesso modo, batteristi come Chad Smith con la loro tendenza a spingere sul timing contribuiscono a caratterizzare il suono e il feeling della band.

   Altri, tipo Josh Freese, sono esattamente sul beat e lasciano che sia il bpm a trasmettere una certa sensazione.

   Altri ancora, tipo Phil Rudd, suonano sempre leggermente indietro rispetto alla pulsazione e quei pochi millisecondi di ritardo hanno un’importanza enorme nel dare peso e tiro alla musica degli AC/DC.

   Infine, come accennato prima, abbiamo batteristi che sono in grado di scegliere un certo approccio per posizionarsi sul beat nella maniera più adatta al feeling che vogliono conferire alla musica che stanno suonando.

   Tra questi abbiamo musicisti come Steve Jordan, John JR Robinson, Jeff Porcaro, Matt Chamberlain, Mark Schulman, Vinnie Colaiuta, Jim Keltner, Kenny Aronoff.

   Non è un caso che tra questi nomi ci siano batteristi tra i più rinomati della storia della musica, che compaiono in migliaia di dischi.

   Tornando al punto, ciò che stiamo per fare qui, invece, è affrontare il discorso analiticamente. Come sempre, dobbiamo fare un passo indietro per poterne poi fare due in avanti.

   Ovviamente l’obiettivo è quello di creare emozioni e comunicare sensazioni con quello che suoniamo, ma seguire un percorso puramente istintivo lascia una certa dose di risultato al caso, e qui invece vogliamo essere metodici in modo da imparare a controllare l’effetto che otteniamo, in poco tempo.

   Ci tengo però a sottolineare che anche se parleremo di millesimi di secondo, la musica non si fa con i millesimi di secondo, ma con le emozioni.

   L’intento quindi è quello di capire, approfondire, sviscerare ogni aspetto, per poi dimenticarcene e tornare a concentrarci esclusivamente sulle sensazioni.

   Mentre studiamo va bene, ed è necessario, ma se quando suoniamo pensiamo ai concetti di avanti o indietro, stiamo perdendo – e probabilmente rovinando – il momento musicale.

   Un’altra importante precisazione è che suonare avanti o indietro non vuol dire accelerare o rallentare: vuol dire rimanere esattamente a tempo ma stabilire una certa relazione col beat. Il bpm rimane quello!

   Non stiamo parlando di aumentare o diminuire la velocità, si tratta piuttosto di fare in modo che il leggero discostamento dal beat che impieghiamo sia appena percepibile.

   Non necessariamente udibile a orecchio, ma avvertibile in termini di sensazione che viene trasmessa, che è esattamente ciò che vogliamo ottenere.
   Il tutto muovendoci all’interno di limiti entro i quali niente inizia a suonare strano.

   Per scaricare una versione PDF stampabile gratuita di questo articolo, clicca qui:

   Per capire il significato di suonare avanti o indietro, possiamo usare questa analogia: pensiamo a una grande palla, che consideriamo il beat, la pulsazione, sulla quale stiamo in piedi in equilibrio.

   Quando andiamo benissimo a tempo, sappiamo fare una cosa notevole: sappiamo stare tranquillamente in equilibrio esattamente al centro della palla. Già questo è un ottimo risultato.

   Ma se sviluppiamo doti di alto livello col timing, allora possiamo imparare a sporgerci un pelino in avanti, e, anche se questo genera un poco di tensione e spinta, riuscire a rimanere comunque in equilibrio.

   Allo stesso tempo, non importa quanto controllo abbiamo, se ci sporgiamo troppo cadremo dalla palla, e saremo andati fuori tempo.

   Al contrario, possiamo rilassarci e arretrare un pelino sulla palla, e saremo quindi indietro rispetto al beat. Ma anche in questo caso, se ci rilassiamo troppo cadremo dalla palla. E saremo di nuovo fuori tempo.

   In definitiva, proseguendo con questa analogia, padroneggiare le sfumature del posizionarsi avanti o indietro rispetto al beat non vuol dire altro che sviluppare ancora più sensibilità nello stare in equilibrio sul beat, tanto da poter rischiare posizioni estreme senza per questo cadere dalla palla, che corrisponde all’errore di uscire dalla pulsazione e andare fuori tempo, accelerando o rallentando.

   Come detto prima, ognuno di noi, e ogni musicista, parte con una certa predisposizione naturale.

   Ma, come per tutte le abilità, con lo studio si può lavorare sui dettagli, perfezionare le lacune, correggere eventuali tendenze indesiderate e arrivare alla padronanza di ogni possibile posizionamento.

   Nella PARTE 2 di questa serie vedremo esattamente come fare.

   Perché si possa parlare di avanti, sul beat o indietro, essendo questi termini relativi, è necessario avere un riferimento.

   Questo riferimento è il centro del beat, e, perché ci si possa posizionare in un certo modo rispetto ad esso, ognuno in una band deve sapere dove si trova.

   La pulsazione può essere fornita da un supporto esterno (il metronomo, in studio di registrazione e sempre più spesso anche dal vivo), oppure dal batterista, oppure da un gruppo di strumenti (tipicamente quelli ritmici).

   In una band queste sfumature sono gestibili solo se tutti i membri hanno un grande timing e grande sicurezza e sono in grado di mantenere il proprio portamento, senza cadere nell’errore di fare aggiustamenti nella direzione di qualcuno che suona posizionato in un certo modo diverso dal proprio, incluso, ovviamente, il metronomo.

   Fondamentalmente, il modo in cui ci posizioniamo sul beat o pulsazione determina il feeling di ciò che suoniamo nei seguenti modi:

  • Esattamente sul beat: solidità, vigore, tiro, sicurezza, certezza.
  • Indietro rispetto al beat: peso, importanza, densità, grande rilassatezza, respiro, appoggio, solennità, attesa. Ma se esageriamo diventa mollezza e mancanza di energia.
  • Avanti rispetto al beat: energia, intensità, grinta, propulsione, tensione, eccitazione, potenza, urgenza, spinta. Ma se esageriamo diventa ansia, approssimazione, troppa leggerezza.

   Il segreto per far funzionare questi approcci è la continuità con cui produciamo la nostra pulsazione: non importa se tendiamo a stare un poco avanti o indietro, chi suona con noi impara a relazionarsi al modo in cui interpretiamo il timing e a suonarci insieme.

   Ma per poterlo fare ha bisogno di regolarità, cioè di potersi fidare della costanza con cui suoniamo sempre in quel modo, senza cambiare appoggio ogni due misure.

   Come già detto nella lezione sul micro timing, sono la continuità, la regolarità, la padronanza e la convinzione a rendere ‘giusto’ quello che suoniamo.

   Per applicare la tecnica del suonare avanti o indietro sul beat sulla batteria, possiamo intervenire su 2 livelli:

  • La scelta di creare l’effetto desiderato spostando un solo arto, tipicamente solo il Rullante, o in alternativa tutti gli arti simultaneamente.
  • La scelta della quantità di cui spostarci dal centro del beat.

   I vari approcci hanno esiti differenti, nel senso che se spostiamo tutto l’effetto dell’essere avanti o indietro sarà più marcato, ma con esso sarà anche più alto il rischio di andare fuori tempo rispetto al resto della musica, o di creare tensioni eccessive sul timing, finendo per pagare un prezzo troppo alto per il risultato che volevamo ottenere, e compromettendo il feeling nel processo.

   Questo è vero soprattutto in situazioni dove suoniamo con molta elettronica e loops preregistrati, coi quali il minimo flam rovina immediatamente la fluidità dell’esecuzione.

   Infatti, più elementi live e non quantizzati sono presenti, maggiore è il margine di azione che abbiamo prima che le cose inizino a suonare strane.

   Spostare solo una parte è una soluzione molto più equilibrata, e sottile, che ci consente di ottenere risultati simili senza per questo correre rischi altrettanto alti di pregiudicare il groove.

   Non a caso una tecnica usata da chi programma elettronicamente parti di batteria, è proprio quella di lasciare tutto quantizzato esattamente sul beat e ritardare di qualche millisecondo solo il Rullante, perché si ottiene così un groove più profondo, senza nuocere al senso di precisione necessario considerate le parti elettroniche presenti in sottofondo.

   Il rovescio della medaglia è che nelle situazioni suonate senza elettronica, o a bpm particolarmente lenti, il solo Rullante, o la sola Cassa o solo il Charleston potrebbero non avere abbastanza potere di darci il feel desiderato.

   Inoltre l’effetto sarà amplificato o ridotto dal dosaggio del secondo livello su cui possiamo intervenire, che come abbiamo detto è la quantità di cui ci spostiamo.

   Gli arti che spostiamo, e la quantità di cui lo facciamo, possono essere combinati in innumerevoli dosaggi diversi per creare gli effetti desiderati, situazione per situazione.

   Come spiegato stiamo parlando in ogni caso di sfumature che operano all’interno di millesimi di secondo. E quindi ora approfondiamo questo aspetto.

   Nel percorso che ci porta alla padronanza di questo parametro, è opportuno sviluppare la capacità di posizionare ogni singola nota avanti o indietro rispetto al beat in almeno due quantità.

   L’esperienza in studio di registrazione e le innumerevoli ore di esperimenti, di registrazioni e di riascolti, incrociati con l’opinione di molti batteristi esperti, mi ha portato a identificare in 5 e 10 millesimi di secondo i due dosaggi più idonei a questo scopo.

   Il margine estremo al quale possiamo spingerci è di 20 millesimi di secondo.

   Oltre questo livello la sensazione che si inizia a percepire all’ascolto è di fuori tempo, e quindi siamo fuori dal range in cui queste sfumature funzionano e hanno senso.

   Come detto prima, se in una band suoniamo tutto live allora il campo d’azione è più ampio, e quindi anche 15 o 20 millesimi possono essere accettabili (per via del fatto che ci si ascolta e asseconda a vicenda con molta più flessibilità), mentre se suoniamo con dell’elettronica e dei samples, allora rimanere entro i 5 o 10 millesimi di secondo è la scelta più sicura.

   Per concludere questa prima parte è importante precisare che suonare con feeling non ha necessariamente a che vedere col suonare avanti o indietro.

   Così come suonare perfettamente sul beat non vuol dire essere freddi. Si può suonare esattamente sul beat e avere un grandissimo feeling.

   Il motivo è che siccome in realtà non siamo mai perfettamente sul beat (al livello a cui solo una drum machine può), anche quando pensiamo di usare questo approccio ci sono comunque micro sfumature e posizionamenti che determinano il feeling che abbiamo.

   Ci sarà sempre una parte intangibile che non si può definire, ma che quando c’è, si nota: e la magia è lì.

   Ora che abbiamo una chiara comprensione dei concetti fondamentali coinvolti, possiamo passare alla PARTE 2, dove andiamo a scoprire gli esercizi che ci porteranno da zero alla padronanza della capacità di suonare avanti o indietro sul beat.

   Risorse correlate:
PARTE 2 – Esercizi
PARTE 3 – Esempi
‘Groove Mastery & Formulas’ – Altitude Drumming – Volume 8
‘Click & Timing’ – Altitude Drumming – Volume 6
‘Theory & Concepts’ – Altitude Drumming – Volume 1


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