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   I poliritmi sono uno tra i più interessanti strumenti teorici a disposizione di qualsiasi musicista per liberare la propria creatività.

   Trovo che i poliritmi siano affascinanti da suonare, ascoltare, e in questa sede soprattutto capire.

   Rendono le cose più interessanti aggiungendo varietà al fraseggio, dandoci nuove idee e migliorando anche la nostra tecnica, essendo tipicamente piuttosto difficili da assimilare.

   In questo studio vediamo 7 poliritmi tra i più interessanti. A partire dai classici fino a poliritmi sulle quintine e addirittura un poliritmo a tre strati!
   Possiamo usare queste pagine per capire come funziona il meccanismo e iniziare a suonare alcune variazioni musicali.

   Qui trovi la versione Pdf di questa lezione, con tutte le trascrizioni, da conservare e stampare:

   Come sempre puoi cliccare su ogni esercizio per accedere direttamente al punto esatto del video su YouTube in cui li suono.

 

   In pratica abbiamo un poliritmo ogni volta che due o più ritmi vengono suonati simultaneamente e quindi si sovrappongono.

   Questo comporta che deve esserci una pulsazione comune, un punto di incontro in cui i ritmi si sovrappongono prima di ripartire con la propria cadenza specifica.

   Le varie frasi partono insieme, si separano e poi si ritrovano regolarmente chiudendo in uno stesso punto, dopo una certa durata, e ripartendo per un nuovo ciclo.

   Altrimenti non si tratta di un poliritmo ma di due o più ritmi scollegati tra loro.

   I casi più comuni comunque prevedono solo due ritmi sovrapposti ed è su questi che ci concentreremo.

   I poliritmi vengono indicati con una divisione: i numeri usati per nominarli stanno a indicare la quantità di note che costituiscono i due ritmi coinvolti.

   Il primo numero (numeratore) rappresenta la durata della cellula/unità principale. Il secondo numero (denominatore) rappresenta la dimensione della griglia o del tappeto di note su cui viene sovrapposto il raggruppamento di note indicato dal primo numero.

   I ritmi coinvolti si incontrano e iniziano un nuovo ciclo dopo un numero di note equivalenti al minimo comune multiplo tra questi due valori.

   Ad esempio, se suoniamo un accento ogni tre note su un tappeto di ottavi abbiamo un poliritmo di ‘3 nel 2’ (che si scrive 3:2), e il punto di incontro è ogni 3 quarti (essendo 6 il minimo comune multiplo di 3 e 2, e in 3 quarti abbiamo 6 ottavi).

   Allo stesso modo, se suoniamo un accento ogni 4 note su delle terzine, avremo un poliritmo definito ‘4 nel 3’ (4:3), e il punto di incontro sarà ogni 4 quarti (il minimo comune multiplo tra 3 e 4 è 12, e a terzine in 4 quarti abbiamo 12 note).

   La durata del ciclo, e il ritorno al punto di incontro, sono quindi determinati dal minimo comune multiplo tra le tutte le parti coinvolte. Anche quando sono più di due.

   Anche se è importante capirle a mio avviso queste idee sono molto più semplici da vedere su carta e da suonare che da spiegare.

   Ho messo insieme alcuni dei casi più comuni, con un paio di esempi per ognuno. ‘3 nel 2’, ‘2 nel 3’, ‘3 nel 4’, ‘4 nel 3’, ‘5 nel 3’, ‘3 nel 5’ e infine ‘3 e 5 nel 4’. Notiamo che ‘nel 5’ significa che stiamo suonando su delle quintine!

   Per ciascun poliritmo troviamo 3 applicazioni. Prima lo suoniamo solo sul Rullante. Successivamente proviamo a suonarlo come ritmo, disponendo la poliritmia tra Cassa e Rullante.

   Infine usiamo la cadenza del poliritmo sul Charleston, mentre Cassa e Rullante mantengono un ritmo base con Cassa su uno e tre e Rullante su due e quattro.

   L’ultimo caso è un poliritmo a 3 strati, di 3 e 5 nel 4, simultaneamente. Siccome il minimo comune multiplo tra questi tre numeri è 60, il ciclo riparte ogni 60 note.

   Quindi nell’esempio trascritto, che è in 5/4, dopo 3 misure suonate a sedicesimi (20 sedicesimi in ogni quarto, per 3 quarti).

   Ho pensato di suonare la parte in 3 sul Charleston e la parte in 5 con un pattern del Cross Stick, mentre la Cassa suona gli ottavi (la parte in 4 è data dal tappeto di sedicesimi).

   Con questi 7 esempi possiamo capire come funziona il meccanismo e iniziare a suonare alcune variazioni musicali.

   Appena abbiamo familiarizzato con questi possiamo iniziare a divertirci e crearne di nostri, sperimentando con il loro utilizzo anche all’interno della nostra musica.

   I poliritmi permettono di ottenere quella che viene definita ‘Implied Metric Modulation’, ossia modulazione metrica sottintesa.

   La modulazione metrica è una tecnica nella quale a un certo punto viene modificato il valore della pulsazione.

   Coi poliritmi in realtà non abbiamo una vera modulazione, perché in questo caso la pulsazione rimane invariata, il bpm è uguale per tutto il tempo.

   L’effetto che si ottiene è esattamente lo stesso ma è importante notare questa distinzione: coi poliritmi abbiamo un’illusione ritmica, perché la pulsazione non viene modificata.

   Nella modulazione metrica invece cambiamo letteralmente il valore della pulsazione, e quindi non si tratta di un’illusione ritmica perché il tempo viene effettivamente cambiato.

   Se hai necessità di approfondire i più importanti concetti teorici del suonare la batteria, ti raccomando di dare un’occhiata a questo metodo dedicato all’argomento:

‘Theory & Concepts’ – Altitude Drumming – Volume 1


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